Alberto Burri, il Grande Cretto di Gibellina

In occasione dei 50 anni dal terremoto che colpì la Valle del Belice, è stato pubblicato per i tipi di Magonza (www.magonzaeditore.it) il libro “Alberto Burri, il Grande Cretto di Gibellina” con testo di Massimo Recalcati e fotografie di Aurelio Amendola. Il libro ripercorre la vicenda dell’opera di Land Art più grande al mondo.
Quello di Alberto Burri (Città di Castello, 12 marzo 1915 – Nizza, 13 febbraio 1995) è un sudario di cemento steso sui resti di un paese distrutto. Il Grande Cretto di Gibellina si fa toccante testimone ed eterno custode della Storia e delle persone che in quei luoghi hanno vissuto. La potenza del terremoto distrusse completamente la città, lasciando la maggior parte delle famiglie senza tetto. La voglia di rinascita della città nacque dalla mente del sindaco Ludovico Corrao che vide nell’arte un riscatto sociale della città. Tra i numerosi artisti che vennero in città a titolo gratuito spiccò il nome di Alberto Burri che adagiò sulle macerie il gigantesco monumento della morte che ripercorre le vie e vicoli della vecchia città. Il lavoro di Burri protegge e preserva, con il perpetuo invito al silenzio, la memoria dell’immane tragedia scatenata dal sisma e, scosso dall’immagine delle rovine, l’artista volle che la sua opera coincidesse con la vecchia città lacerata.

Così, l’intervento dell’artista, che ricoprì l’intera Gibellina Vecchia con una distesa di cemento che tiene salde le materie e i ricordi, sancisce un legame tra il bisogno di elaborazione del trauma e lo scenario storico in cui esso si materializza, antico e mitico. Corrao ripercorre l’incipit di quel monumentale intervento di arte contemporanea attraverso le stesse parole dell’artista: «“La luce al tramonto taglia ombre dure sui gradini del teatro greco di Segesta”: questa visione, mi confidò Burri, fu la scintilla che fece scattare la sua idea di costruire il Cretto. Ebbe quindi la necessità di stabilire un filo storico tra Segesta e Selinunte e una pagina di storia, che sembrerebbe storia di emarginati ma che attraverso le opere d’arte diventa la storia del riscatto. Il teatro di Segesta da un lato, il residuo glorioso dell’oblio dall’altro. L’oblio del terremoto a Gibellina e il suo teatro nello stesso Cretto di Burri».

Cretto di Gibellina completato, 2015
Per Massimo Recalcati «l’opera d’arte, come sanno bene tutti i grandi artisti, intrattiene sempre un rapporto con l’assoluto, con l’irraffigurabile, con il reale, con l’impossibile». Accanto al prezioso saggio dello psicanalista, tra i più noti in Italia, membro dell’Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi , completa il volume una ricca selezione di inedite immagini in bianco e nero di Aurelio Amendola, custode dell’archivio fotografico più ricco di Alberto Burri, in una reinterpretazione nuova e per la prima volta esaustiva, dopo il completamento nel 2015, del Grande Cretto di Gibellina.

Carlo Marino

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