La Cena delle belve di Vahé Katcha al Teatro Quirino in Roma

Il Teatro Quirino in Roma ospita dal 19 febbraio al 3 marzo la pièce di un autore ancora poco noto in Italia: Vahé Katcha nato a Damasco nel 1928 e morto a Parigi nel 2003. Le origini di questo sceneggiatore, scrittore, giornalista erano, come si può dedurre dal suo vero nome: Vahé-Kamik Khatchadounian, armene, cioè di un popolo che, come il popolo ebraico ha subito il genocidio.
Si tratta di uno scrittore che si prefigge il compito di osservare, quasi spiare, come un entomologo, il turbinio delle passioni umane in “situazioni estreme”.
Katcha non dimenticò mai le sue origini armene e scrisse sul genocidio del suo popolo nel libro “Un poignard dans le Jardin” che narra le vicende di una famiglia armena in Turchia tra il 1884 ed il 1916.

La Cena delle Belve al Teatro Quirino in Roma photo Copyright © 2019 Carlo Marino European News Agency
La regia associata dell’opera in scena a Roma è di JULIEN SIBRE e di VIRGINIA ACQUA mentre la traduzione dal francese e l’adattamento sono di Vincenzo Cerami.
La trama racconta la storia di sette amici che, nell’Italia del 1943 durante l’occupazione tedesca, si riuniscono per festeggiare il compleanno del loro ospite. Una serata diversa, per staccare un attimo dalle tragedie e paure della guerra e dalle privazioni che questa porta con sé. Quella stessa sera però due ufficiali tedeschi vengono uccisi fuori del palazzo e, per rappresaglia, la Gestapo decide di prendere due ostaggi per ogni appartamento. Il comandante tedesco dell’operazione riconosce, però, nel proprietario dell’appartamento dove si trovano i sette amici, il libraio dal quale sovente ha acquistato delle opere letterarie antiche e, per mantenere un singolare rapporto di cortesia, avverte che passerà a prendere i prigionieri al momento del dessert, lasciando ai sette la scelta dei due ostaggi.
La Cena delle Belve al Teatro Quirino in Roma photo Copyright © 2019 – Carlo Marino
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E così si svolge questa pièce che lo scrittore compone con profondità ed una sorta di umorismo pirandelliano, mescolando sapientemente l’ironia e la cupezza del dramma. I personaggi vengono fuori sulla scena tremendamente veri e mettendo in mostra di tutte quelle vigliaccherie, spavalderie o piccole meschinità che prendono il sopravvento quando in una situazione estrema è in gioco la vita o la morte.

Carlo Marino

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