Il berretto a sonagli , commedia in due atti dello scrittore e autore italiano Luigi Pirandello (Girgenti, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) è in scena al Teatro Quirino in Roma con la regia di SEBASTIANO LO MONACO. Il titolo si riferisce al berretto portato dal buffone, il copricapo della vergogna ostentato davanti a tutti.
L’originalità di questa storia di “corna”, di gelosia, ambientata nella provincia siciliana e che diventa tragedia suscitando anche un senso di pietà e vertigine nel pubblico, sta nel mutamento di posizione del narratore. Non è più “il delitto d’onore” a fare dal fil rouge, ma la pudibonda dignità con la quale si vogliono celare i drammi di coppia, il “perbenismo di facciata”. Il regista scrive nelle sue note: «Il personaggio di CIAMPA, apparentemente grottesco, è in realtà straziante, ma soprattutto è il più moderno degli eroi pirandelliani. Il “Berretto” è la storia di un uomo giovane, poco più di quarant’anni, che tradito dalla moglie accetta la condanna e la pena di spartire l’amore della propria donna con un altro uomo, pur di non perderla. Un tema drammatico e attuale che si voglia o no!».
Nel corso di questa che potrebbe definirsi una tragicommedia, meritevole di un’attenzione assai maggiore di quella finora ricevuta, l’equivoco in cui sembra essere caduto Ciampa e dal quale cerca disperatamente di districarsi lo porterà ad essere posto suo malgrado di “fronte allo specchio” e a non poter più azionare la famosa “corda civile” del proprio comportamento, perché sarà trascinato verso la propria fine civile che egli tentava di preservare a tutti i costi. Lo spazio scenico privilegiato da Pirandello è uno spazio chiuso, gerarchico, chiaramente denotato dal senso comune della piccola comunità di provincia. Ciampa, il protagonista, è un personaggio apparentemente piccolo ma infinitamente grande che in sé riproduce un luogo referenziale, simbolico: quello di una subcultura chiusa in sé stessa. I personaggi di questa pièce si trovano in situazioni di dilemma, paradossali, in cui sono quasi senza via di uscita. Fana, la vecchia balia, sa che Beatrice vuole denunciare l’adulterio del marito e quindi sarebbe suo dovere evitare disastri e riferire tutto al fratello di Beatrice, Fifì, affinché quest’ultimo la convinca a non commettere pazzie. Purtroppo, non può farlo perché, come serva obbediente, non può opporsi alla padrona Beatrice che le ha imposto il silenzio. Il delegato di polizia Spanò dovrebbe accettare la denuncia, ma sa che, adempiendo al suo dovere di funzionario, si metterebbe contro il cavaliere che è in pratica il suo padrone. Ciampa ama la moglie e soffre, ma deve sopportare l’adulterio da parte del cavaliere, cui egli è asservito; inoltre, pur amando profondamente la sua donna, nello stesso tempo pensa di ucciderla. Meno ricco di conflitti è il caso di Beatrice, la donna tradita dal marito, ma il suo atteggiamento privo di dubbi o ripensamenti sarà presto punito, in quanto sarà tacciata di “pazzia” per aver sconvolto il quieto vivere sociale. Si tratta di un’opera in cui c’è una grande regolarità, accompagnata da simmetria ed equilibrio tra tutti gli elementi, che poi si rivelerà nel finale dove la tragedia di Ciampa esploderà in tutta la sua forza.
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Carlo Marino